Ghost Chain 2026: tutte le crypto che sono scomparse dai radar
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Nel settore crypto esiste una verità che tutti conoscono ma nessuno vuole ammettere: raccogliere capitali per un progetto blockchain è facile, ma trasformarli in una chain che abbia un utilizzo reale è quasi impossibile.
Per questo ad oggi esistono blockchain, sia nuove sia di lungo corso, che hanno raccolto milioni di investimento ed oggi, economicamente parlando, rendono quasi zero. Si tratta delle cosiddette Ghost Chain.
Per analizzarne la “salute” economica abbiamo utilizzato i dati di Defillama, analizzando non solo il TVL, ma anche le fee giornaliere, i volumi scambiati sugli exchange decentralizzati e le revenue.
Ne è venuto fuori un quadro desolante, che mostra come l’ultimo biennio ha mostrato un’esplosione di nuove blockchain: rollup modulari, framework zk e piattaforme “di nuova generazione”.
Secondo una stima di Tangem, ad oggi sono state create circa 37 milioni di crypto, e nel 2024, secondo i dati di Coingecko, ne venivano lanciate più di 5.000 al giorno.
La grande illusione dell’infrastruttura infinita
La blockchain di Celestia rappresenta forse l’esempio più evidente. L’hype sulla data availability, il servizio che garantisce che i dati delle transazioni siano pubblicati in modo verificabile e accessibile a tutti i nodi, aveva convinto i fondi speculativi più aggressivi. È così che Celestia era riuscita a raccogliere oltre 150 milioni di dollari.
Ma a distanza di tempo il quadro è impietoso: il TVL è ancora fermo a zero e le fee giornaliere non superano i cento dollari, segno che la teoria della modularità è andata più veloce dell’economia che avrebbe dovuto sostenerla.

Aptos ha seguito più o meno lo stesso copione: un layer 1 dal grande potenziale, oltre 350 milioni raccolti grazie a prestazioni teoriche impressionanti ma pochi risultati concreti.
Ad oggi non è una chain deserta. Il TVL supera i 480 milioni di dollari e lo screenshot di DeFiLlama lo conferma: c’è un ecosistema che sulla carta sembra vitale. Ma se si guarda cosa produce quel capitale, la situazione è tutt’altro che rosea. Le fee della chain sono ridotte all’osso, meno di 1.700 dollari nelle ultime 24 ore, una cifra che una singola meme coin su Solana macina in una mattinata.
Nemmeno i volumi, apparentemente robusti, riescono a dare sostanza al quadro: se 80 milioni di dollari scambiati sui DEX generano così poche revenue, significa che l’economia della chain è più un flusso di incentivi che una domanda reale.
Il grafico del TVL racconta il resto della storia. L’impennata del 2024, figlia dell’hype e dei programmi di crescita, è stata seguita da una lunga fase di declino.
Aptos non è una ghost chain in senso letterale, ma è un esempio perfetto di infrastruttura sopravvalutata. Un decimo dei capitali raccolti sarebbe stato sufficiente a sostenere l’attività che vediamo oggi.

Le zk: tanta teoria, poca economia
Starknet è sempre stato il manifesto della narrativa zero-knowledge: un team di primissimo livello e un’architettura sofisticata che prometteva di “riscrivere” la scalabilità di Ethereum.
Ma quando si passa dal mito alla realtà on-chain le cose cambiano. I dati di DeFiLlama parlano chiaro: il TVL è attorno ai 222 milioni di dollari, un valore non irrilevante, ma minuscolo rispetto alle ambizioni di un progetto che ha raccolto quasi 300 milioni.
Il vero problema, però, è la vita quotidiana del network. Le fee della chain sono poco sopra i 4.000 dollari nelle ultime 24 ore, un livello che per un rollup zk dovrebbe essere considerato un segnale minimo di attività, non una metrica di maturità.

L’App Revenue, ferma a circa 1.280 dollari al giorno, conferma l’impressione di un ecosistema che si muove più per inerzia che per domanda reale. E anche se le App Fees superano i 128.000 dollari giornalieri, il divario tra fee generate e revenue trattenute dal protocollo indica che la chain non sta catturando valore.
zkSync Era è il caso emblematico di quanto la sofisticazione tecnica non basti più a sostenere una narrativa. Per anni è stata presentata come la punta di diamante dello scaling di Ethereum, un rollup zk capace di throughput elevatissimi e destinato a dominare l’ecosistema.
Ma i dati di DeFiLlama raccontano un’altra storia: il TVL è sceso a 38 milioni di dollari, un valore irrilevante rispetto ai capitali raccolti e alle ambizioni del progetto.

Le fee della chain, appena 9.700 dollari nelle ultime 24 ore, sono il segnale più chiaro della debolezza strutturale: un’infrastruttura che prometteva prestazioni di livello industriale genera meno ricavi di un qualsiasi bot su Solana.
Anche l’App Revenue, ferma a circa 12.500 dollari, conferma che l’attività reale è minima e che il protocollo non sta catturando valore in modo significativo. Il grafico del TVL mostra un ciclo identico a tanti altri: un’impennata verticale alimentata dall’airdrop e dagli incentivi, seguita da un declino costante una volta finita la spinta speculativa.
zkSync continua a essere un capolavoro ingegneristico, ma finché la domanda reale non arriva resterà una delle contraddizioni più evidenti del modello “costruisci l’infrastruttura e gli utenti arriveranno”.
Le Ghost Chain della generazione ICO
Cardano e Polkadot rappresentano l’altra faccia del problema: non arrancano solo i nuovi progetti.
Cardano è il simbolo di come una blockchain possa crescere in capitalizzazione e community, senza riuscire a costruire un’economia on-chain. Dopo quasi un decennio di aggiornamenti, roadmap e promesse sull’innovazione, i numeri raccontano un’altra storia.
Il TVL DeFi è fermo a 197 milioni di dollari, una cifra che potrebbe sembrare rispettabile, ma che nel 2025 è irrisoria se confrontata con layer 2 come Base o Arbitrum che, pur essendo molto più recenti, hanno superato il miliardo di dollari.
Il dato più sorprendente, però, è quello delle fee: 0 dollari nelle ultime 24 ore sia per Chain Fees che per Chain Revenue. È un indicatore pesantissimo, perché mostra che la chain non sta catturando valore a livello infrastrutturale.

DeFiLlama
Anche Polkadot oggi deve fare i conti con un’infrastruttura costosa in rapporto all’attività reale che genera. Il Treasury continua a spendere circa 27 milioni di dollari a trimestre, ma i dati di DeFiLlama mostrano un ecosistema che non cresce in modo proporzionale: il TVL aggregato delle parachain rimane modesto rispetto al potenziale della rete, la liquidità è attorno a 150 milioni di dollari e le fee on-chain non indicano un’economia in espansione.
La maggior parte dei flussi proviene ancora da exchange e non da applicazioni native, segno che l’utilizzo “produttivo” rimane limitato.
Il vero problema delle crypto non è tecnologico: è economico
La conclusione è tanto semplice quanto scomoda. Il mercato non ha bisogno dell’ennesimo rollup, layer modulare o di un’altra architettura che promette throughput illimitato.
Quello che manca è l’economia: utenti, ricavi, casi d’uso concreti. Il settore ha confuso la capacità di raccogliere capitali con la capacità di generare valore. Oggi queste due curve si stanno separando.
Le ghost chain non sono un incidente di percorso. Sono il risultato di un decennio in cui abbiamo celebrato l’ingegneria, ignorando il mercato.
La metrica che oggi fa davvero la differenza non è il TPS e non è la modularità. È la più semplice di tutte: chi sta pagando per utilizzare quello che abbiamo costruito?
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