La BCE per l’euro digitale utilizzerà la blockchain di XRP?
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Negli ultimi giorni si è parlato molto di euro digitale, ovvero di una stablecoin ancorata all’euro emessa dalla Banca Centrale Europea. Le CBDC sono tornate di moda dopo che gli Stati Uniti hanno approvato il Genius Act, che detta nuove regole per le stable coin e mette pressione sull’Europa, che rimane colpevolmente indietro sulle normative crypto.
E dire che l’Europa era stata la prima a dettare regole precise per le criptovalute con il MiCAR, la nuova legge europea nata imperfetta e con tempi di realizzazione lunghissimi, tanto che gli USA ci hanno ormai superato.
Ma torniamo alle CBDC. Solo settimana scorsa aveva fatto scalpore la notizia, basata sulle indiscrezioni del Financial Times, che indicava Solana ed Ethereum come le possibili blockchain scelte dalla BCE per l’euro digitale.
Notizia che avevamo peraltro stigmatizzato sia nei termini, sia nella sostanza, considerate le problematiche di carattere tecnico e temporale, visto che la decisione finale è attesa per la fine del 2025, e ormai manca pochissimo.
BCE ed euro digitale: XRP nel mirino?
La BCE ha ufficialmente presentato l’euro digitale nel 2023, anche se i primi test sono partiti tardi. A giugno 2025 nel mirino della BCE era finito XRP con un test pilota insieme a WhiteNetwork di WhiteRock.
E del resto XRP Ledger avrebbe potuto essere la scelta giusta visto che si tratta di una blockchain dal taglio più centralizzato e quindi in linea con una valuta nazionale gestita dalla banca centrale.
Ma il vero punto della questione è un altro. Abbiamo davvero bisogno di una CBDC? Una valuta digitale controllata dallo stato offre diversi vantaggi, con pagamenti più veloci e costi di gestione ridotti, ma anche diversi problemi di privacy.
Ad oggi solo la Cina ha cercato di implementarla con scarsi risultati, anche perché l’adozione sarà un processo libero, e andrà di pari passo con i sistemi attuali. Anche gli USA sono contrari così come Trump, che in passato aveva giurato di non voler utilizzare le CBDC.
Europa in colpevole ritardo sulle criptovalute
Più che un problema di CBDC, ad oggi l’Europa soffre il colpevole ritardo sulle criptovalute sia in termini di regolamentazione, con il MiCar che stenta a decollare e diversi nodi da risolvere, sia in termini di adozione e tecnologia.
Mancano gli sviluppatori blockchain, mancano conoscenze e infrastrutture, e rischiamo di pagare un gap importante che riguarda solo le criptovalute come sistema di pagamento ma anche come infrastrutture WEB3, che sono il futuro.
Ricordiamoci che il WEB2 ha stentato parecchio per decollare. Nessuno si affiderà a un sito Internet per acquistare beni e servizi dicevano, e per i primi anni hanno avuto ragione, salvo poi cospargersi il capo di cenere quando le aziende americane hanno dominato il mercato.
Oggi rischiamo di fare la stessa fine, se non peggio. E la politica non aiuta. Non me ne voglia l’onorevole Marcello Coppo che ho incontrato durante un evento in ambito crypto, e che si sta battendo per avere condizioni più eque. La tassazione al 33% in Italia che entrerà in vigore dal 2026, appare non solo anacronistica ma anche profondamente ingiusta.
Anche perché ad oggi è possibile acquistare prodotti finanziari legati alle criptovalute con tassazione al 26%, e rischia di mettere questo mercato nelle mani delle banche che, guarda caso, erano proprio l’interlocutore privilegiato, si fa per dire, che Satoshi Nakamoto aveva in mente quando ha ideato Bitcoin.
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