Ripple, Linqto e CapSign: un pasticcio difficile anche da spiegare!
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Se nei giorni scorsi avete letto qualcosa riguardo al fallimento di Linqto e ai presunti legami con Ripple e XRP, senza capirci nulla, avete perfettamente ragione. In questi giorni infatti diverse notizie, alcune vere e altre false, hanno catalizzato l’attenzione degli investitori, anche se in realtà tutto si è risolto nel migliore dei modi.
Il caos nasce da un post pubblicato su X da Matt Rosendin, CEO di CapSign, in cui si afferma che un fondo della sua azienda detiene 4,7 milioni di azioni Ripple. Una notizia che ha subito fatto il giro della community crypto,
Peccato che quella dichiarazione fosse falsa.
Le azioni in questione, infatti, non appartengono a CapSign, ma a Linqto, attraverso una sua entità societaria denominata Liquidshares. A confermarlo è stata la stessa Ripple, che ha voluto mettere ordine in una situazione diventata tossica per gli investitori.
Brad Garlinghouse, CEO di Ripple, ha chiarito che sì, Linqto possiede 4,7 milioni di azioni Ripple, ma le ha acquistate da altri azionisti sul mercato secondario. Ripple, da parte sua, non ha mai venduto a Linqto e non ha alcun rapporto diretto o attivo con la società.
Linqto, nel frattempo, ha preso le distanze dalle affermazioni di Rosendin e ha rassicurato i suoi clienti: non c’è alcun fallimento in corso. Le attività restano però sospese, anche in virtù delle indagini avviate dalla SEC e dal Dipartimento di Giustizia USA, ma l’azienda ha incaricato una società indipendente di verificare i propri processi interni e collaborerà con le autorità per fare chiarezza.
Insomma: CapSign e Linqto non c’entrano nulla l’una con l’altra. Il post di Rosendin ha solo contribuito a creare confusione in un momento delicato.
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